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Storia della Liuteria Piemontese

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a tradizione musicale dello Stato Sabaudo risale ai tempi antichi. In un registro della Tesoreria generale dei Savoia, viene riportato un pagamento delle prestazioni di “trompettes et vyollons de Vercey”, datato 1523, riferito a musicisti di provenienza vercellese. Questa è la prima citazione in assoluto di un termine riferito al violino. Nonostante ciò non vi è alcuna traccia di liutai per tutto il XVI secolo.
Il primo documento che ci parla di questa attività è datato 1647: compare Hans Angerer (italianizzato in Giovanni Angerero) come primo liutaio attivo in Piemonte probabilmente di origini tedesche come pure Henrico Casner (italianizzato in Enrico Catenar). Infatti inizialmente le caratteristiche del suo lavoro furono molto vicine allo stile e ai metodi costruttivi tedeschi. Successivamente adottò uno stile più italiano, assumendo le caratteristiche di un altro liutaio operante in città e suo contemporaneo: Fabrizio Senta. Le linee tondeggianti di Senta, in particolare nelle “c” aperte e corte, sono state fonte di ispirazione per tutti i liutai piemontesi successivi.

Sempre a metà del XVII secolo, provenivano dalla Francia alcuni liutai portatori delle tecniche di produzione e dello stile ivi sviluppati. La liuteria francese non era stata impermeabile alle influenze italiane, cosicché alcuni bresciani e cremonesi si ritrovano anche nella prima liuteria torinese. Contemporaneamente a loro fu attivo a Saluzzo Goffredo Cappa. Partendo da una concezione ispirata ai modelli cremonesi egli seppe sviluppare uno stile originale per la forma della cassa e la voluta del riccio. Cappa non ebbe, però, allievi che ne proseguissero la bottega.

Durante il XVIII secolo, la liuteria piemontese non conosceva i fasti di quella cremonese del medesimo periodo, ma in seguito, un insieme di circostanze favorirono lo sviluppo della liuteria a Torino e di riflesso in altre città piemontesi.

A Torino le figure di maggior spicco della prima metà del XVIII secolo furono Giovanni Francesco Celoniati, Nicolò Giorgi e Giovanni Battista Genova. A questi va aggiunto Spirito Sorsona, attivo a Cuneo. Anche nel caso di questi liutai il carattere stilistico più evidente è la tendenza ad utilizzare metodi e modelli costruttivi francesi distaccandosi dalla tradizione italiana, che quasi ovunque si appoggiava sulle linee dettate dalla liuteria cremonese. Nell’autunno del 1771 giunse a Torino il più importante liutaio che operò in Piemonte, Giovanni Battista Guadagnini, oggi considerato l’anello di congiunzione tra la liuteria classica cremonese e quella poi formatasi in seguito in Piemonte. Egli fu il maggior liutaio del suo tempo ed ebbe la possibilità di lavorare a modelli e forme di Antonio Stradivari. Il suo stile è caratterizzato da una forza straordinaria non sempre temperata dalla finezza dei particolari. Il modello, l’impostazione delle bombature, la forma della voluta del riccio, il particolare modo nel quale sono rifiniti i bordi degli strumenti lungo tutto il contorno, ed in particolare nelle punte, mettono in evidenza il suo metodo di lavorare. La scuola fu continuata a Torino dopo la sua scomparsa nel 1786 dai suoi discendenti Carlo e Gaetano. Di quest’ultimo viene riportata la sua prima abitazione presso la Parrocchia di San Filippo.

Durante i primissimi anni dell’ Ottocento, il Piemonte conobbe, in seguito alle campagne napoleoniche, un periodo di dominio francese che favorì l’arrivo di liutai francesi operanti a Torino per tutta la metà del XIX secolo. Fra questi ci furono anche alcuni fabbricanti o commercianti di strumenti provenienti da Mirecourt. I veri iniziatori, i capostipiti della scuola piemontese ottocentesca furono Giovanni Francesco Pressenda e Giuseppe Rocca.

Presseda lavorò ad Alba, Carmagnola e dal 1820 a Torino dove cominciò a collaborare con alcuni colleghi francesi, prendendone ispirazione per i particolari tecnici. La sua fu una rielaborazione dei modelli di Stradivari e di Guarneri.

Rocca fu allievo di Pressenda e suo valido collaboratore. Alla morte di Pressenda la sua attività e i suoi modelli furono rilevati da Benedetto Goffredo detto Rinaldi, attivo fino al 1888. Questi produsse strumenti sul modello del maestro, così come il successore Romano Marengo, presso il quale lavorò Enrico Marchetti, si orientò su modelli ispirati a Guadagnini. Allievo di grande talento del Marchetti ed autore di pregevoli strumenti fu Anselmo Curletto.

Tra gli altri esponenti di maggior rilievo del XX secolo, si ricordano Annibale Fagnola che si ispirò sia sui modelli di Pressenda e Rocca sia dai classici cremonesi e dai Guadagnini; Carlo Giuseppe Oddone ed Evasio Emilio Guerra allievo e collaboratore di quest’ultimo.

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